sabato 24 marzo 2012

"Cave of Forgotten Dreams", di Werner Herzog

Fin dalla sua scoperta, la grotta Chauvet viene considerata uno dei massimi "santuari" scientifici. Essa preserva, dietro un profondo manto roccioso, le più antiche pitture rupestri conosciute. Oltre al loro indubbio valore antropologico e paleontologico, le raffigurazioni preistoriche ci evocano qualcosa di più sfuggente e irrazionale: indecifrabili "sogni dimenticati", come esorta il titolo del film. Werner Herzog, con la sua opera, riesce a comunicarci con efficacia una miscela di emozioni misterico-spirituali, lasciandoci esplorare i cunicoli interiori della montagna per mezzo del cinema tridimensionale, stilisticamente adatto allo scopo. Il messaggio è chiaro: la grotta Chauvet è una cattedrale sotterranea. A renderlo manifesto, vi sono le antiche pitture, circondate da surreali formazioni cristalline, tra colonne di stalattiti e stalagmiti (di origini meno antiche, per quanto millenarie). Il pavimento della caverna è cosparso di ossa di Ursus spelaeus, rivestite da una lucente copertura di cristalli di calcite; sembrano sculture di porcellana. Sono presenti anche orme di orso, all'apparenza "fresche", distribuite lungo camminate spettrali. Per esplorare Chauvet è necessario spostarsi lungo strette passerelle sospese, come nei viaggi nel tempo di Ray Bradbury: non si può scendere, non si può toccare la roccia.


Fino al dicembre del 1994 d.C., la grotta era immersa nel buio, ignota, silente, resa viva solo dall'infiltrarsi rumoroso delle gocce d'acqua. Ora, tra le luci artificiali, torna ad acquistare un valore umano. Forse, ma non lo sapremo mai, non troppo diverso da quello che lo contraddistingueva 30mila anni prima della Civiltà. Werner Herzog non prende le parti dello scienziato; e gli stessi scienziati, protagonisti del documentario, non prendono le parti del narratore. Chauvet viene raccontata anzitutto tramite le immagini. Rimane qualcosa di inafferrabile, malgrado la grotta sia stata esplorata da potenti laser scanner, millimetro per millimetro, lungo 400 metri: 527000000 punti spaziali. "Quando entrai per la prima volta nella caverna, ebbi la possibilità di restarci per cinque giorni. Fu così intenso! Ogni notte sognavo leoni. Ogni risveglio era uno shock. Sono uno scienziato, ma anche un uomo. Dopo cinque giorni decisi di non tornare nella caverna. Avevo bisogno di tempo per rilassarmi ed assimilare." (Julien Monney / giovane archeologo, ed ex-giocoliere)

Leoni delle caverne. Il maschio (si può notare lo scroto) manca della criniera.
Recenti analisi genetiche hanno confermato la corrispondenza tra le pitture preistoriche e gli antichi fenotipi equini (per approfondimenti).
Gli animali sembrano in movimento, in una sorta di "fotodinamismo" ante litteram. La loro vitalità viene rafforzata ulteriormente dalle dinamiche tridimensionali delle pareti rocciose.

Il resto lo lascio scoprire a voi. Buona visione. (nel caso vi fosse impossibile vederlo al cinema)




Per ulteriori approfondimenti: GoGoDinosaurs 16/03/2012, "L' Arte del Paleolitico" di Loana Riboli (2008)

giovedì 15 marzo 2012

Chauvet Pont d'Arc: la grotta dei sogni dimenticati


"Cave of the forgotten dreams" (2010)

Il termine "paleoarte" fu inizialmente coniato in riferimento alle produzioni artistiche preistoriche, quali le pitture rupestri. Ha assunto un nuovo significato solo durante i tardi '80, come sinonimo di illustrazione/scultura scientifico-paleontologica.


Remie Bakker (2010)
Remie Bakker
Remie Bakker

giovedì 1 marzo 2012

Anniversario DCO: “Dinosaurs in flesh and bones”

L'evento italiano della paleoarte... E aggiungerei anche internazionale: John "Jack" Horner, il paleontologo di maggiore fama presso il grande pubblico, considera DCO come "una delle migliori del mondo", nel suo genere.

Firenze 2012
Spinosauri, tra fossili e vetroresina (e altro)

Sarebbe più semplice averne uno "in carne e ossa"... 

Geomodel
Geomodel
Prehistoric Minds (Simone Maganuco, Davide Bonadonna, Andrea Pirondini) - Spinosaurus, studio anatomico / Articolo completo nationalgeographic.it